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I giocattoli di mamma


di Sitter
17.11.2024    |    456    |    1 9.0
"Pensavo di poter afferrare la serenità e godermela..."
Questa storia è un gran casino. Ancora oggi mi turba pensare a cosa è successo in quel periodo. Sono passati alcuni anni e la mia psicanalista mi ha detto che mettere i traumi nero su bianco è un buon modo per aiutarmi a superarli. Spero abbia ragione.

Mi chiamo Anna e quello che sto per raccontare è la cronaca di ciò che ho tenuto nascosto in tutti questi anni. Non sono una scrittrice. Spero che raccontare i fatti nel modo più fedele possibile mi aiuti a descriverli nel modo giusto. Ho scelto di intitolare questa storia “I giocattoli di mamma” perché in questa vicenda siamo stati tutti suoi giocattoli, in un certo senso. A questo proposito voglio proprio cominciare parlandovi di lei.

Mia madre si chiamava Agrippina ed ha sempre creduto nel valore della disciplina. La sua vita poggiava le basi su regole ferree che imponeva a me, mia sorella Rosa e mio padre. Tutti noi abbiamo vissuto in una famiglia di tipo matriarcale. Sono nata e cresciuta ad Sazzano, un paesello di provincia dove gli uomini facevano la voce grossa in pubblico ma tra le quattro mura di casa a comandare era chi portava la gonna. A casa nostra comandava mia madre e se non ci comportavamo da persone rispettabili e credenti osservanti della fede cattolica erano guai. Lei aveva un occhio di severo riguardo in più su di me e su mia sorella. Oltre ad essere caste e pure dovevamo essere sempre vestite con abiti sobri approvati da lei, andare a messa ogni domenica e non pensare al sesso. Mai. Era dura rispettare il suo volere.

Mi ricordo di quando iniziò a proibirci di guardare la tv. Erano gli anni 80 e la tv commerciale iniziò a mostrare donne poco vestite dalle ampie ed abbondanti scollature. Fu da quel momento in poi che la tv venne usata solo per guardare il telegiornale. Mia madre pensava così di salvare me e mia sorella Rosa dalla vista di quel "disgustoso meretricio", parole sue. In compenso io e lei potevamo leggere libri ed ascoltare la musica e fu proprio per colpa delle canzonette d'amore di quegli anni che trasgredimmo le regole imposteci. Io e mia sorella volevamo guardare il festival di Sanremo per ascoltare finalmente i nostri beniamini avendo anche il lusso di vederli in televisione. La sera in cui la tv trasmetteva Sanremo mia madre sarebbe andata al rosario come faceva una volta a settimana. Io e mia sorella avremmo guardato Sanremo fino alle dieci e mezza e non oltre per non farci scoprire e poi saremmo andate a letto. Purtroppo mia madre tornò alle dieci e quando vide la tv accesa divenne una furia. Fu quella sera che aprì quel maledetto baule. Nel corso degli anni mia madre aveva segretamente raccolto e collezionato quelli che, a suo modo di vedere, erano dei validi strumenti correttivi e li aveva tenuti in quel baule. Spazzole di legno, cinghie di cuoio, battipanni e persino sferze per animali facevano da preoccupante corredo di quel baule degli orrori.

Quella sera io e Rosa ci eravamo prefissate di andare a letto alle dieci e mezza, nostra madre ci mandò a dormire all'una. E non dormimmo. Non potevamo avendo i sederi colorati di un viola urticante e vivido. Da quella sera nostra madre divenne ancora più severa. Iniziò a punirci per ogni sciocchezza. Io e mia sorella fummo costrette a conoscere a fondo il dolore che sapevano offrire tutte le sue spazzole ed i suoi frustini. Ho perso il conto delle sere in cui dopo mezzanotte mi buttavo sul letto col culo in fiamme e le lacrime che mi rigavano le guance.

A rendere la situazione peggiore fu che io e mia sorella iniziammo a notare alcune stranezze nel comportamento di nostra madre. Ci accorgemmo del fatto che lei sorridesse mentre ci puniva. Notammo entrambe che lei non solo provava piacere a punirci ma anche ad umiliarci. All'improvviso non ci volle punire più alla sera ma prima. A volte la cena era sul fuoco ma ad essere scaldati erano anche i nostri sederi nudi, esposti ed indifesi colpiti dalla sua mano che sapeva infierire con crudele sapienza e quando la cena era pronta arrivava il peggio. A volte infatti eravamo costrette a saltare la cena ed a fare le belle stauine con la faccia contro il muro, le mani sopra la testa ed i nostri sederi arrossati posti ai lati del televisore mentre lei e nostro padre mangiavano guardando il telegiornale come se nulla fosse.

Io e Rosa avemmo la conferma che nostra madre coltivasse un suo lato sadico quando scoprimmo che teneva una specie di diario che custodiva gelosamente. Riuscimmo a scoprire dove lo nascondesse ed una sera, mentre lei era in chiesa a dire un rosario, leggemmo le pagine. Mia madre teneva il conto di ogni cinghiata ed ogni sculaccione che ci dava. Non solo. Teneva anche conto delle tecniche che sperimentava su di noi valutando quale fosse quella più efficace e, come se ciò non bastasse, aveva redatto una vera e propria classifica contenente gli strumenti migliori per colpire la mia carne e quella di mia sorella. Scoprimmo anche che alcune domeniche pomeriggio nostra madre si concedeva momenti di intimo piacere rileggendo le pagine di quel maledetto diario. Ancora oggi faccio fatica a togliermi dalla testa l'immagine di lei stravaccata sul letto matrimoniale che si eccitava sgrilletando il clitoride mentre rileggeva quegli appunti schifosi.

Nostra madre aveva una sola grande preoccupazione. Lei voleva a tutti i costi che io e Rosa arrivassimo illibate al giorno dei nostri rispettivi matrimoni e pertanto si procurò un particolare contraccettivo. Un giorno comprò da un pastore uno scudiscio calabro che divenne immediatamente il pezzo più pregiato della sua tremenda collezione di strumenti correttivi. Era un grosso e spesso cordone di cuoio nero pieno di bozzi nodosi e duri con una ampia impugnatura adatta per le grandi e virili mani dei contadini di Sazzano che lo usavano per educare i cavalli più irrequieti. Nostra madre aveva deciso di usarlo per educare me e mia sorella.

"Se fate le zoccole dopo la passata di minchia c'è la passata di mamma vostra."

Era un frase che lei diceva spesso mostrandoci quel mostruoso attrezzo di cui faceva dondolare la massiccia corda davanti ai nostri occhi atterriti come fosse un orripilante deterrente sessuale. Per fortuna non gli dammo mai modo di usarlo. Periodicamente lei controllava a me e a Rosa sia l'imene che l'ano fino all'eta di ventidue anni trovandoci integre. Prima di quell'età il mio clitoride fu il mio unico partner sessuale. Poi finalmente conobbi Sergio, il mio attuale marito.

Il mio matrimonio rappresentò per me l'opportunità di sfuggire alle grinfie di mia madre ed anche per mia sorella fu lo stesso. Io e Rosa mantenemmo un rapporto freddo con lei negli anni ed alla sua morte non versammo una lacrima. Troppe ce ne aveva fatte passare per essere degna di essere compianta da noi.

Dopo la morte di mia madre ero sicura che quel passato di cui mi vergognavo non avrebbe avuto strascichi nè conseguenze. Persino il giorno della lettura del testamento da parte del notaio, la dottoressa Silvia Bovardi, non ci furono sorprese. L'eredità di mia madre Agrippina venne spartita equamente tra i membri della mia famiglia ed io ero pronta a pensare a mio marito Sergio ed a mio figlio Luca. Pensavo di poter afferrare la serenità e godermela. Purtroppo però le cose andarono diversamente.

La dottoressa Bovardi riconvocò a sorpresa me, mia sorella Rosa e mio figlio. Solo noi tre. Non volle rivelare troppi dettagli al telefono, si limitò solo a dire che c'era una parte del testamento di cui era meglio venissero a conoscenza solo i diretti interessati e che una volta nel suo studio avremmo capito il motivo di tanta riservatezza.

Non volevo segreti nel mio matrimonio eppure per la prima volta da quando conoscevo mio marito gli mentii su dove realmente sarei andata il giorno della convocazione. Mio figlio fece altrettanto. Era una situazione strana ed ero preoccupata anzi se devo essere sincera ero proprio spaventata.

La dottoressa Bovardi ci accolse nel suo studio e prima di iniziare a parlare guardò attentamente me, mio figlio e mia sorella come se volesse scegliere con attenzione le parole da usare. L'argomento sarebbe stato molto delicato, c'era troppa tensione nell'aria per credere il contrario.

"Grazie per essere venuti." esordì la dottoressa Bovardi. "Sono certa che dopo la lettura di questa parte del testamento che vi riguarda apprezzerete la mia decisione di riferirla solo a voi e non al resto della vostra famiglia. Posso procedere?"

Acconsentimmo tutti e tre dopo esserci consultati rapidamente con gli occhi.

La dottoressa iniziò a leggere e noi sentimmo le ultime volontà di una folle. Mia madre aveva vincolato la suddivisione della sua eredità tra i famigliari ad una condizione ben precisa. Luca doveva essere punito per il suo comportamento riprovevole e a dargli la lezione che, secondo lei, si meritava saremmo dovute essere io e mia sorella Rosa. Dovevamo eseguire una vera e propria punizione corporale fino a che i glutei di lui non fossero diventati viola e (cito testualmente) "la sua anima di peccatore non fosse stata purgata". Mia madre nel testamento aggiunse anche che io e Rosa avremmo dovuto utilizzare gli strumenti contenuti nel vecchio baule e la cavallina dotata di cinghie di contenzione che lei teneva in soffitta. Inoltre scritta nero su bianco c'era la pretesa della presenza di un testimone che avrebbe dovuto certificare la buona esecuzione della punizione, per quel ruolo nostra madre aveva designato proprio la dottoressa Bovardi. Se non avessimo rispettato quella sua volontà tutti i suoi beni anzichè andare ai famigliari sarebbero diventati proprietà del suo comune di residenza.

Dopo la lettura il viso di mio figlio era bianco come un cencio e mia sorella sembrava in stato di shock ma sono sicura che la mia faccia era uno spettacolo ben peggiore.

Oltre allo scudiscio calabro mia madre si era procurata uno strumento di contenzione. Pazzesco! Se io e Rosa non ci fossimo sposate saremmo finite col culo sulla sua cavallina. Poco ma sicuro. Ciò che non riuscivo però a spiegarmi era perchè ce l'avesse tanto con Luca. Domandai a mio figlio una spiegazione.

"Luca... Perchè nonna Agrippina ha scritto che ti sei comportato in modo riprovevole? Sai spiegarlo amore?"

Luca scosse la testa ma non riusciva a dire una parola. Era terrorizzato.

Mia sorella non resse lo stress e si mise a piangere per poi lamentarsi e protestare con la voce rotta dalle lacrime.

"Quella sadica stronza nemmeno da morta ci lascia in pace! Io non farò del male a mio nipote. Mi rifiuto!"

"Mi rifiuto anche io! Io non farò violenza su mio figlio." dissi mentre strinsi una mano di Luca per rincuorarlo. Era sgomento.

"Vi invito a riflettere prima di prendere decisioni avventate." disse la dottoressa Bovardi. "Se non accettate questa condizione io dovrò comunicare agli altri componenti della famiglia il cambio dei termini dell'eredità. Dovrò leggere anche a loro ciò che ho letto a voi adesso. Ho perso il conto delle famiglie che ho visto sfasciarsi per la lettura di un testamento dal contenuto controverso e se posso dirvì la mia opinione..."

La dottoressa Bovardi tolse i suoi occhiali quasi come a volersi togliersi di dosso per un attimo anche il suo ruolo professionale prima di completare la frase.

"...questo testamento è una valanga di merda che potrebbe travolgere la vostra famiglia. Pensateci molto bene."

Sia io che Rosa avremmo voluto ribattere ma sia io che lei sapevamo che in fondo la Bovardi aveva ragione.

Luca intanto proferì le sue prime parole dopo diversi minuti di silenzio.

"Mamma... zia Rosa... è uno scherzo, vero? Ditemi che è uno scherzo. Vi prego."

Non ce la facevo a vederlo così scosso e spaurito. Mi alzai dalla sedia e lo abbracciai. Luca è sempre stato un ragazzo sensibile che mi ero impegnata a crescere con amore. Mi ero sempre promessa di proteggerlo dal mio passato fatto di dolore, colpi di cinghia e sederi arrossati ma quel giorno fallii ed iniziai ad avere paura anche io.

Cercai con lo sguardo gli occhi di mia sorella. Li aveva più smarriti dei miei ed era evidente che si stesse ponendo la mia stessa domanda.

Cosa avremmo dovuto fare ora?

I giorni seguenti furono molto duri per tutti noi. Per colpa di quel maledetto testamento io e mia sorella avevamo iniziato a mentire ai nostri rispettivi mariti, alla nostra famiglia ed alle nostre amicizie strette. Alcuni notavano che fossi un po' strana ed assente ma quando mi chiedevano se avessi delle preoccupazioni io negavo sempre. L'unico momento di sollievo era parlare con Rosa, io mi sfogavo e lei faceva altrettanto prima di porci sempre la stessa domanda. Avremmo obbedito alla volontà di nostra madre?

Dal giorno della lettura integrale del testamento Luca smise di dipingere e faticava molto a concentrasi sui suoi esami per il DAMS. Perse il suo sorriso e la sua serenità da ventenne. Mi spiaceva enormemente non essere riuscita a tenere lontano da lui il mio passato di umilianti punizioni domestiche che quelle volontà scritte su carta avevano rigurgitato fuori tutt'ad un tratto. Ben presto mi accorsi che Luca dormiva poco e che aveva iniziato a rubarmi lo xanax, lo scoprii perchè in quel periodo ne feci uso anche io. Ne avrei parlato con mio marito se avessi potuto spiegarli tutta la situazione ma non potevo. Ne parlai con Rosa e durante la conversazione mi disse che aveva preso la sua decisione.

"Anna... Io ci ho pensato molto e... Penso che ci convenga accettare. Mi rode terribilmente darla vinta a quella stronza di nostra madre ma... abbiamo troppo da perdere per poter rifiutare."

Confesso che per un attimo mi sentii tradita da lei. In un certo senso mi sembrò si stesse schierando dalla parte di quella arpia che ci aveva cresciuto con tanta malsana durezza. Mi sembrava impossibile stesse accarezzando l'idea di poter prendere in mano quegli orrendi strumenti che ci avevano dato così tante lacrime e così tanto dolore.

"Io non farò del male a Luca." dissi io con tono perentorio.

"Anna... so quanto bene vuoi a Luca. Tuo figlio è la tua vita ma..." insistette lei. "... pensa a cosa succederebbe se il resto della famiglia venisse a sapere come ci ha trattato nostra madre. Ti immagini se il suo schifoso diario venisse letto in famiglia? E poi credi davvero che questa verità rimarrebbe solo tra parenti una volta scoperta? Finiremmo sulla bocca di tutti. Io questa estate voglio poter tornare ad Sazzano e camminare a testa alta. E tu?"

"Anche io lo vorrei Rosa... però Luca è molto scosso. Lo conosci. Sai quanto è sensibile. Questa situazione per lui è un incubo. Perchè quella stronza ha voluto coinvolgerlo?"

"Magari è scosso e spaventato perchè non sa cosa lo aspetta. Forse se gli offri l'esperienza di una sculacciata soft si tranquillizzerà ed inizierà a pensare che la prova richiesta nel testamento non è così tremenda."

"Ma lo è. Dobbiamo fargli il culo viola. Ti ricordi quanto bruciavano i nostri sederi quando erano viola? Ti ricordi quante lacrime versavamo arrivate a quel punto?"

"Sì, lo so. Non posso dimenticarlo. Lui però non ha mai conosciuto quel dolore quindi non può sapere quanto male faccia, giusto?"

"Rosa... Mi stai chiedendo di ingannare mio figlio?"

"Non esagerare. Ti sto solo suggerendo un modo per convincerlo e farlo arrivare all'appuntamento un po' più rilassato. O vuoi che Luca vada avanti con lo xanax?"

In effetti no. Non volevo che mio figlio continuasse a prendere ansiolitici. La notte seguente passai di fronte alla camera di Luca e lo vidi agitarsi nel letto. Nemmeno quella notte avrebbe dormito. Ero stufa di vederlo così. Entrai nella sua stanza.

"Luca non riesci a dormire?"

"Mamma io... no, non ce la faccio. Penso al testamento. Se non accettiamo sapranno tutti cosa la nonna voleva farci fare, vero?"

"Sì amore. Lo sapranno. E perderanno tutti un sacco di soldi. Le proprietà di nonna andranno al comune. Saranno tutti molto arrabbiati con noi e con zia Rosa."

"Mamma... io non voglio sfasciare la nostra famiglia. Voglio che rimanga unita. Sai cosa vorrei un giorno? Mi piacerebbe chiedere al comune di Sazzano di occupare i portici con la mia prima mostra d'arte. Vorrei far vedere i miei lavori a te, a zia Rosa e perfino a quelle stronze delle mie cugine che mi chiamano 'Pennellino' per sfottermi. Questo sogno non può realizzarsi se tutti leggeranno il testamento per intero."

"Mi stai dicendo che vuoi...?"

"Voglio farlo."

"Amore... questo non è un gioco. Si tratta di una prova molto dura."

"Voglio provare. Dobbiamo fare un tentativo. Andremo avanti finchè me la sentirò."

"Luca..."

"Mamma... Tu non sei nonna Agrippina. Non sei una sadica che si diverte a punire i propri figli. E neanche zia Rosa lo è. Non mi accadrà nulla di male."

Probabilmente fu la sua incoscienza da ventenne a parlare per lui ma sapere che mio figlio riponesse in me così tanta fiducia mi rincuorava. E poi aveva ragione. Non ero una sadica stronza come era mia madre. Avevo educato mio figlio con affetto e con dei valori solidi. Avevo cresciuto un ragazzo sensibile ed un po' sognatore.

Parlammo ancora un po' prima che Luca si rimise a letto con una ritrovata serenità. Dopo avergli dato un bacio sulla guancia mi congedai dalla sua stanza pensando che forse se mio figlio non aveva paura non avrei dovuto averne anche io.

La mattina seguente la dottoressa Bovardi mi contattò per sapere la mia decisione.
Accettai.
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